Nell’anno della pandemia, che ha stravolto l’economia globale e le imprese italiane si sono trovate a combattere una battaglia senza precedenti, Steel ha registrato una crescita del 20%. I prodotti dell'azienda, che ha sede a Carpi (Modena) ed è specializzata nella produzione di cucine semi professionali per uso domestico, infatti, non solo hanno continuato ad essere richiesti ma, in molti mercati, hanno fatto registrare una crescita importante.
“Da un lato”, commenta Martina Po, Direttore Marketing di Steel, “dobbiamo ammettere di essere stati fortunati. Noi produciamo cucine e - dai single alle famiglie numerose - durante il lockdown tutti ci siamo scoperti un pò chef. Tuttavia il nostro è un prodotto semi professionale, non parliamo al grande pubblico ma a un gruppo di consumatori ben definito, disposto ad investire qualcosa in più per un elettrodomestico in grado di offrire performance più alte dello standard. Se durante il 2020 questi consumatori ci hanno scelto, è perché negli anni abbiamo saputo raccontarci, perché abbiamo preferito mantenere una gestione diretta della rete commerciale e perché non ci siamo fatti travolgere dai trend del nostro settore: i nostri forni non si accendono con un’app, ma ti permettono di scegliere la funzione perfetta per la pietanza in preparazione.”
Una crescita sostanziale per l’azienda, che si assesta intorno al 19% in più di fatturato rispetto al 2019. A trainare tale risultato, in Europa, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo (Benelux) seguiti da Francia Germania e Inghilterra.
Il prodotto più richiesto le cucine da esterno, su cui Steel ha puntato moltissimo nell’ultimo biennio: non solo barbecue ma vere e proprie cucine in acciaio inox (lo stesso acciaio in uso nei cantieri navali) destinate a resistere anche ai climi più rigidi.
“Il mercato interno ci ha dato grandi soddisfazioni” afferma Auro Po, CEO di Steel, “nonostante i tanti mesi di chiusura e il lockdown veramente duro che tutti abbiamo affrontato tra marzo e maggio, siamo riusciti a mantenere gli stessi volumi del 2019 e persino a registrare una crescita del 3%. Ciò è stato possibile grazie al grandissimo lavoro di squadra svolto da tutti: a febbraio abbiamo lavorato senza sosta per evadere tutti gli ordini in sospeso e anticipare anche quelli a scadenza più lunga: in pratica quando abbiamo chiuso, il nostro magazzino era vuoto. A macchine ferme, ci siamo concentrati sulle relazioni: il marketing ha lavorato moltissimo per implementare la digital strategy e il commerciale si è dedicato alla rete vendite e a sviluppare nuovi contatti. A settembre abbiamo aperto il primo show-room monomarca a Roma e speriamo di poter comunicare presto nuovi investimenti nel nostro Paese. Il COVID”, conclude Po, “non ha rappresentato una svolta, ma ha accelerato una tendenza già esistente per quanto concerne la vita aziendale: dalla digitalizzazione all’adozione di orari di lavoro più flessibili, siamo diventati più efficienti, in grado di adattare tutti i nostri processi alle necessità dei mercati con cui ci interfacciamo”.
Le previsioni per il 2021 non possono che essere positive per Steel ma, per il successo a lungo termine, bisognerà che la politica economica e fiscale sostenga le imprese nei loro sforzi: senza dubbio la creazione del recovery fund dell’UE rappresenta un passo verso la giusta direzione.
In uno scenario industriale in cui la piccola e media impresa è la spina dorsale dell'economia nazionale (secondo l'ultimo studio dell'osservatorio AUB queste costituiscono l'85% del totale delle attività produttive italiane), Steel rappresenta oggi non solo un'eccellenza manifatturiera ma la solidità di un'azienda familiare che – in quanto tale – affronta le sfide e le difficoltà del settore con la dedizione, il sacrificio e la lungimiranza di chi vede nei suoi prodotti molto più che un bene di consumo.