Luciano Galimberti. Sviluppo-Sostenibile-Responsabile

Su questo trinomio fondamentale si gioca il presente e il futuro del design e dell’industria del settore. Lo spiega Luciano Galimberti, presidente di ADI

Presidente dal 2014 di ADI, Associazione per il disegno Industriale, Luciano Galimberti ha una visione profonda sulle evoluzioni del design e sul suo significato nella società di oggi. Con lui capiamo quali siano i grandi temi sul tavolo del sistema del design italiano e quali saranno nel 2025 le priorità da affrontare per l’Associazione ADI e la Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro.

Il 2024 si è chiuso con la duplice mostra a Milano e Roma dei progetti selezionati dall’ADI Design Index. Nella panoramica proposta qual è la fotografia che emerge del design contemporaneo italiano?

Da qualche anno le linee guide di lettura e selezione dell’Osservatorio Permanente di ADI hanno l’obiettivo di sostenere il sistema a orientarsi nella competizione globale. Sviluppo-Sostenibile-Responsabile è il trinomio identificato per la selezione dell’ultimo Premio Compasso d’Oro ed è alla luce di questi concetti, strettamente legati l’uno all’altro e ognuno imprescindibile, che si misura la crescita del sistema italiano del design e del suo valore. Uno sviluppo che non tenga conto della sostenibilità dei processi e dei prodotti e della responsabilità in senso ampio è uno sviluppo malato. Ciò premesso, anche l’ultima selezione dell’ADI Design Index conferma una attenzione incredibile verso la qualità, nei dettagli produttivi come nella scelta dei materiali. Una tensione costante che passa in primo ordine rispetto alla ricerca delle novità fine a stessa. Il livello di maturità dei nostri prodotti favorisce innovazioni incrementali e di processo, grazie alle quali si spinge il livello qualitativo verso alto. Una evoluzione che accomuna tutte le nostre aziende, senza differenze geografiche o di dimensione. Un meccanismo virtuoso che ci permette di competere a livello internazionale.

L'ultima presentazione di ADI Design Index 2024, svoltasi all'ADI Design Museum di Milano

In questo contesto come è cambiato il ruolo del design?

Stiamo assistendo a una interessante ricomposizione della frattura che si era creata tra il modernismo degli anni sessanta e settanta e il post modernismo. Oggi questo dualismo, così ben rappresentato dalla mostra che ADI nel 2022 ha voluto dedicare a due figure apparentemente antitetiche come Marco Zanuso e Alessandro Mendini, viene superato da una visione di sintesi c che prevede per il designer sia un rapporto profondo con l’industria sia una capacità di relazione che solo la poetica può darci. Proprio la capacità di costruire relazioni con il mercato, tra il prodotto e chi lo utilizza, è la cifra che accomuna la nostra storia del design e che ha generato icone senza tempo e una pluralità di forme in continuo divenire. Una ricchezza espressiva che tutto il mondo ci invidia, perché la ricerca non è puramente stilistica ma valoriale. La domanda di partenza, oggi come ieri, non è quale forma dare a una sedia, ma come ci siede e questo genera una differenza abissale tra il nostro approccio al design e quello di altri paesi, molto più legato allo stile e alle leggi del marketing. Non dimentichiamo, inoltre, che la forza dell’industria italiana è ancora la sua grande flessibilità, che è prima di tutto una straordinaria attitudine culturale, oltre che il riflesso di dimensioni più contenute rispetto ad altri competitor. Di fronte a un progetto innovativo e complesso, nella maggior parte dei casi la risposta in altri paesi è “non si può fare”, in Italia è “vediamo come possiamo farlo”.

Il mestiere del progettista è ancora attrattivo per le nuove generazioni?

Sicuramente sì e lo vediamo innanzitutto dal numero delle iscrizioni alla facoltà che è tra le più gettonate. La sensazione di costruire qualcosa di concreto per il quotidiano e di poter incidere sulla società migliorando la vita delle persone resta sempre importante. Nella mostra che abbiamo dedicato nel 2023 ai giovani talenti under 35, “Italy: A New Collective Landscape”, è emerso in molti progettisti la volontà di uscire dalle logiche produttive industriali lasciando spazio a una maggiore attenzione per i servizi, alla sperimentazione, alla partecipazione e all’autoproduzione. Sul campo, però, rimane preziosa quella dinamica di confronto e dialogo che si stabilisce con l’imprenditore e all’interno della fabbrica, dove operano addetti altamente specializzati con cui il confronto è necessario e stimolante. Se prescindiamo da alcune degenerazioni del sistema che talvolta punta solo sull’archistar per trasformarlo in un fattore di marketing più che di ricerca, la nascita di un progetto è sempre un appassionante lavoro di equipe dove non esiste un rapporto gerarchico ma una discussione aperta, anche con chi svolge il lavoro manuale di sviluppo.

ADI
L'ADI Design Museum a Milano - @Martina Bonetti

A questo proposito, l’industria lamenta una assenza di vocazioni per ruoli manuali e specializzati ancora fondamentali per definire quella qualità unica e inimitabile del made in Italy.

Il problema è reale e ne abbiamo discusso in seno a Confindustria e con i soggetti deputati alla formazione. Oggi il lavoro nelle botteghe o nelle fabbriche appare meno “glamour” per i giovani rispetto al passato ma per fortuna sono attive sul territorio scuole che puntano a valorizzare una professione che consente di entrare subito nel mercato del lavoro. Operare su un tornio a sette assi, ad esempio, è sicuramente molto più sfidante di tanti lavori di ufficio. Certo parliamo di lavori impegnativi, anche fisicamente, che prevedano una dedizione che talvolta i giovani non manifestano ma sono professioni ben pagate e anche di soddisfazione per chi sa di far parte di una catena importante del valore.

Nel frattempo si sta parlando sempre più dell’utilizzo dell’AI nella progettazione. Quale potrà essere il suo autentico valore aggiunto?

L’atteggiamento corretto nei confronti dell’intelligenza artificiale prevede di non demonizzare né di beatificare uno strumento molto interessante che apre nuove frontiere e impone riflessioni su cui siamo tutti chiamati a ragionare. I passaggi in cui si richiede di analizzare grandi quantità di dati possono essere sicuramente gestiti al meglio con l’AI, che può mettere a sistema discipline diverse. Il nodo cruciale è sicuramente la qualità dei data base utilizzati da una parte e dall’altra la capacità di porre le domande corrette per valorizzare la conoscenza che le piattaforme mettono a disposizione. La questione è aperta e coinvolge in primo luogo la formazione che dovrà puntare anche sugli aspetti umanistici oltre che su quelli tecnico funzionali, considerato che quest’ultimi possono essere sopperiti dall’AI. Senza voler banalizzare, mi aspetto però che un prodotto che venga generato solo dall’esperienza di altri prodotti sia corretto ma tendenzialmente convenzionale e standardizzato. Una prospettiva che sarebbe la morte del design italiano.

Un'immagine di alcuni pezzi della collezione storica permanente del Compasso d’Oro

Le attività della Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro e dell’ADI Design Museum sono sempre più vivaci e richiamano l’attenzione anche del grande pubblico. Quanto è importante questo ruolo di coinvolgimento e quali saranno nel 2025 le iniziative più importanti?

Siamo molto orgogliosi di come il Museo sia diventato un punto di riferimento importante per Milano e per chi visita la città. Nel 2023 gli accessi sono stati oltre centomila, ma è un dato in crescita costante che testimonia la vitalità di un luogo che abbiamo voluto proprio per mettere a disposizione di tutti un patrimonio nazionale e internazionale, primo tra tutti quello della collezione storica del Compasso d’Oro. Quando decidemmo di spostare la vecchia sede di ADI, il grande cambio di prospettiva fu quello di passare dall’idea di dare vita a un luogo riservato agli addetti ai lavori dove esporre “l’argenteria” di famiglia, a quella di costruire un museo pubblico. Una scelta che ha comportato una responsabilità molto più vasta e investimenti importanti ma che ci ha concesso di andare oltre ai confini associativi e di entrare a far parte con maggiore forza nella contemporaneità.

La crescita di iniziative e di accessi ci ha dato ampiamente ragione e anche nel 2025 il palinsesto sarò ricchissimo di iniziative. In collaborazione con il Commissariato Generale per l’Italia a Expo 2025 Osaka, nel 2025 viene, inoltre, organizzata l’edizione speciale Compasso d’Oro International Award che si ispira al tema di Expo 2025 Osaka “Designing Future Society for Our Lives”. La selezione si declinerà sulle otto tematiche del Compasso d’Oro più pertinenti. La cerimonia di premiazione si terrà al Padiglione Italia all’interno di Expo 2025 Osaka, dove saranno esposti i prodotti premiati e selezionati tra tutti quelli provenienti dai paesi partecipanti ad Expo. Un programma molto ambizioso che ha l’obiettivo di affrontare il futuro non come monadi ma come un sistema organico riconoscibile che costruisce relazioni e valori.

La mostra DesignUP – soluzioni di continuità,  il nuovo approfondimento tematico della collezione permanente del premio Compasso d’Oro. ©Courtesy of ADI Design Museum 

Parlando ancora di sistema e filiera, il modello made in Italy è ancora irripetibile? Quale sono gli aspetti e le vulnerabilità su cui è giusto lavorare per mantenerne integro il suo ruolo nel mondo?

Come si diceva la flessibilità è il punto di forza di un sistema costituito prevalentemente da piccole e medie industrie, ma questo aspetto è anche la sua vulnerabilità perché la competizione nel mondo può essere messa in crisi proprio dalle dimensioni delle nostre industrie. Per superare il “nanismo” stiamo assistendo a interessanti forme di aggregazione e all’intervento di fondi che possono essere un driver per la crescita, a condizione che non si limitino a interventi puramente speculativi di breve periodo. Dobbiamo essere consapevoli che l’età dell’oro in cui l’imprenditore era di fatto anche l’art director sia un modello difficilmente clonabile e ripetibile anche per noi italiani e che per competere sia necessaria anche la razionalizzazione metodologica manageriale. Il livello a cui è arrivata oggi l’industria in Italia prevede una maggiore responsabilità nei confronti di un numero di addetti che è comunque molto cresciuto. Anche per questo si parla di innovazione incrementale e di investimenti per migliorare ulteriormente la qualità.

Quale può essere il ruolo della legge sul made in Italy promulgata meno di un anno fa? ADI è stata coinvolta nella sua stesura?

Riconosciuta come l’associazione di riferimento, ADI è stata coinvolta nella discussione e ha presentato anche degli emendamenti in vista delle future evoluzioni. La legge è una buona partenza per arrivare a misurare razionalmente la qualità del design italiano in modo che venga riconosciuta come fattore strategico e sia un valore distintivo anche nelle gare d’appalto.

Galleria dei designer - ©Courtesy of ADI Design Museum

La tutela del patrimonio intellettuale, uno degli ambiti in cui si esprime la legge, è da tempo una priorità per ADI, che già dal 1992 ha istituito insieme a Confindustria il Giurì del Design. Nel corso di questi anni come si è evoluta l’attività del Giurì?

Ad oggi il Giurì è ancora un ente volontario che interviene come prima risposta nei contenziosi per evitare il passaggio in tribunale. Un grande vantaggio ma anche un limite, ed è per questo che con l’avvocato Lorenzo Biglia, presidente del Giurì del Design, stiamo lavorando ad una prossima evoluzione per farlo diventare un ente di primo concordato preventivo che ne cambierebbe lo stato giuridico e gli conferirebbe maggiore peso nella battaglia della tutela del diritto d’autore. Una materia complessa che ha come primo caposaldo la datazione certa ma che nel brevetto a livello internazionale trova la sua maggiore espressione. Dobbiamo incentivare la brevettazione e capire come intervenire sui costi e sulle procedure per renderle più accessibili e nello stesso tempo dare più valore ai prodotti brevettati per renderlo uno strumento potente e riconoscibile.

Nel trinomio citato all’inizio entra a pieno diritto la parola sostenibilità. Su questo tema è cambiato l’approccio dell’industria e del progettista?

Il sistema produttivo italiano ha ormai una attenzione consolidata verso il tema della sostenibilità che è diventato per tutti un fattore imprescindibile. Fino a tre anni fa operava in ADI una Commissione appositamente costituita per l’analisi dei progetti sostenibili ma è stata chiusa perché oggi quest’aspetto è presente in ogni progetto. Il sistema industriale ha fatto un enorme passo avanti in questa direzione e anche il grande pubblico ha maturato una sensibilità che prima non aveva. Si stima che il 50% del valore percepito di un prodotto sia proprio legato a questo aspetto. Il tema della sostenibilità è potente ma come si diceva non può vivere da solo se non si relaziona con uno sviluppo sano e come tale responsabile nei confronti di tutto. Delle persone come dell’ambiente.